San Marino: identificato il serial killer dei cani

Dopo anni di dolore, sospetti e silenzi, arriva finalmente un nome dietro quella che è stata una delle più lunghe e sconvolgenti scie di crudeltà verso gli animali mai registrate a San Marino.

Un uomo di oltre 80 anni è stato identificato come il presunto responsabile dell’avvelenamento di almeno 40 cani, uccisi nel corso di 14 anni, attraverso l’uso di bocconi avvelenati disseminati in diverse aree del territorio.

Una lunga scia di morte passata sotto silenzio

Le prime segnalazioni risalgono a oltre un decennio fa. Cani che improvvisamente si accasciavano durante una passeggiata. Altri che rientravano da una corsa nei campi e morivano nel giro di poche ore. I veterinari parlavano di avvelenamenti, ma le indagini non portavano mai a una soluzione definitiva. Nessun colpevole. Nessuna responsabilità.

Nel tempo, le morti si sono accumulate. In molti casi le famiglie degli animali non hanno mai ottenuto giustizia. Tra le vittime, anche Maya e Tea, due cagnoline diventate simbolo della rabbia e del dolore di tante persone che hanno perso i propri compagni a quattro zampe.

Le indagini e la svolta

La svolta è arrivata grazie a un lavoro di sorveglianza attenta da parte delle autorità, in particolare della Guardia di Rocca. L’uomo è stato ripreso da una videocamera mentre lasciava delle esche sospette in una zona frequentata da animali.

La successiva perquisizione nella sua abitazione ha confermato i sospetti: le forze dell’ordine hanno rinvenuto diverse esche avvelenate, contenenti Endosulfan, un pesticida vietato in tutta l’Unione Europea dal 2006 per la sua alta tossicità e pericolosità ambientale. Si tratta di una sostanza in grado di provocare convulsioni, emorragie e morte in pochi minuti negli animali.

Secondo quanto emerso, l’uomo avrebbe agito con metodo, in modo ripetuto nel tempo, lasciando esche in punti strategici, ben nascosti e difficilmente identificabili.

Una legge troppo debole per punire una crudeltà così grande

Nonostante l’orrore dei fatti, la legge si dimostra ancora una volta inadeguata a garantire giustizia per gli animali. L’uomo sarà giudicato secondo la vecchia normativa, quella in vigore prima della recente riforma che ha introdotto pene più severe per i reati di maltrattamento animale.

Poiché i crimini sono stati commessi prima dell’entrata in vigore delle nuove leggi, queste non potranno essere applicate retroattivamente. Il risultato è surreale: per l’uccisione di oltre 40 animali, il presunto responsabile rischia al massimo due mesi di arresto.

Indignazione e richieste di giustizia

La notizia ha suscitato profonda indignazione tra attivisti, cittadini e amanti degli animali. In tanti stanno chiedendo una revisione della legge per permettere l’applicazione retroattiva in casi gravi e la creazione di un registro nazionale dei condannati per reati contro gli animali.

Anche online, il caso ha già scatenato una forte ondata di commenti, condivisioni e richieste di maggiore tutela legale per gli animali.

Un precedente che non deve essere dimenticato

Il caso del cosiddetto “serial killer dei cani” lascia una ferita profonda nella coscienza collettiva. Non si tratta solo di animali uccisi, ma di una giustizia negata. Di un sistema che ancora oggi non riconosce pienamente il valore della vita animale, né la sofferenza di chi li ama e li considera parte della famiglia.

Le cagnoline Maya e Tea, e tutti gli altri animali morti in questi 14 anni, meritavano di più. Meritavano una legge capace di difenderli.

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